Il Benessere come nuova moneta di scambio tra datore e lavoratore

Emanuela PignataroHead of Execution - Head of Business Transformation

Trend, nuove a abitudini e scenari futuri del welfare nell’Osservatorio Edenred 2022

Non c’è articolo di giornale, approfondimento o post su LinkedIn che in questo periodo non citi il welfare. I candidati si aspettano che se ne parli nella routine dei colloqui di lavoro. Nelle chiacchiere tra amici sempre più spesso ci si confronta davanti a una pizza sul proprio pacchetto welfare. Confesso per prima di aver glorificato il meraviglioso centro sportivo in cui ho deciso di investire il mio credito...
Moda del momento o fenomeno strutturale? È piuttosto chiaro che si tratti della seconda ipotesi.

Lontano dal paternalismo di ottocentesca memoria e dalle innovative intuizioni di imprenditori del calibro di Adriano Olivetti, il welfare è ormai diventato un vero e proprio elemento caratterizzante del sistema-lavoro. La moneta di scambio della prestazione professionale non è più la mera retribuzione; è il benessere. La generazione Zeta probabilmente chioserebbe Well-being is the new salary. Un benessere che si declina tanto nell’ormai sdoganato smart-working quanto in quei panieri di beni e servizi che vengono sempre più di frequente messi a disposizione dei dipendenti con l’obiettivo di supportarli nella vita quotidiana, accrescendone il potere d’acquisto e migliorandone il work-life balance (altra espressione, questa, di cui non si può proprio più fare a meno).
Oltre che sistemico il fenomeno è anche decisamente in crescita. Tanto più che il welfare ha l’intrinseca capacità di adattarsi ai tempi che cambiano, alle esigenze del momento, alla sensibilità delle persone, profilandosi come qualcosa di altamente duttile, flessibile, “liquido” la cui utilità non può che aumentare nel tempo e che si pone in assoluta coerenza con il sentiment sociale che vede emergere una nuova attenzione rivolta alle persone, donne e giovani in particolare.

Ma in cosa si traduce materialmente tutto questo? Lo descrive in maniera chiara e completa l’Osservatorio Welfare 2022 di Edenred Italia, leader nel settore degli empoloyee benefit sempre attenta ai movimenti del mercato, che ha analizzato il comportamento in Italia nel 2021 di 3.000 imprese e 530.000 beneficiari attivi su 2.200 piattaforme online.
Il campioneosservato come sempre condiziona parzialmente gli output della ricerca; è quindi importante conoscerne le caratteristiche. Nel caso specifico vede un’importante presenza (44%) di aziende con meno di 50 dipendenti, una massiccia concentrazione di queste (80%) nel Nord Italia (il Centro ne accoglie il 17%, il Sud il 3%) e un forte sbilanciamento sul comparto manifatturiero, con l’effetto di portare nella platea dei beneficiari una decisiva rappresentanza (78%) di uomini. Una significativa polarizzazione investe anche la modalità di proposta del welfare in azienda: il 73% delle somme totali a disposizione dei dipendenti proviene da liberalità “on top” alla retribuzione, frutto quindi di scelte unilaterali aziendali. Si osserva ciononostante come il welfare sia sempre più di frequente al centro di negoziazioni sindacali che portano alla conversione in beni e servizi dei premi produttività (20,6%) o addirittura alla previsione dello strumento all’interno dei CCNL (6,7%): lo fanno già Metalmeccanici, Servizi Assistenziali, Dirigenti delle Assicurazioni e altri ancora.

Ecco invece l’identikit dei beneficiari del welfare aziendale: come negli anni precedenti, prevalgono le fasce d’età “di mezzo” con un 31% che ha tra i 40 e i 49 anni, e un 29% tra i 50 e 59 anni; complessivamente il 60% di loro ha quindi tra i 40 e i 59 anni. Com’è intuitivo che sia, all’aumentare dell’età dei beneficiari cresce il credito welfare medio loro offerto, che nel 2021 si assesta complessivamente sugli 850 euro pro-capite, in continuità con il 2020 e il 2019. A determinare una decisa fluttuazione del valore è invece il settore di riferimento: se nel manifatturiero il credito scende a 700 euro medi, nel commercio sale a 1.000 euro, per toccare nel mondo dei servizi finanziari punte da 1.400 euro. Le donne risultano beneficiarie di erogazioni mediamente maggiori in relazione a interventi specifici di sostegno alla maternità. Tutti i destinatari dello strumento hanno poi aumentato (+5% rispetto al 2020) la quota media di consumo, che si colloca al 64%, diventando il 68% se si considera il credito frutto della conversione del premio di produttività e il 61% se proveniente da una elargizione on-top.

Quanto alle preferenze di spesa, fringe benefit e area ricreativa fanno la parte del leone, con un 50,3% di scelta che era il 28% solo quattro anni prima. Piacciono particolarmente ai giovani (sotto i 30 anni pesano per il 65% delle preferenze). È verosimilmente frutto del ritorno alla normalità, nel 2021, dopo i lunghi mesi di lockdown ma anche del temporaneo innalzamento della soglia di detassazione voluto dal Governo. Il cd welfare “sociale” -istruzione, previdenza, sanità, assistenza familiare-, che è il più scelto dalle donne e dai meno giovani (il 27% delle opzioni sopra i 60 anni è per la previdenza), vede, al 47,8%, un calo in tutte le voci, inclusa -ahimè!- quella relativa ai corsi di formazione che dal 5% del 2020 scendono nel 2021 al 4%, anche se arriva addirittura a raddoppiare la domanda di formazione linguistica.

È invece unanime, senza distinguo per genere o fascia d’età, l’apprezzamento generale per lo strumento del welfare, ritenuto in grado di supportare concretamente la famiglia e considerato di facile gestione grazie all’adozione di piattaforme decisamente user-friendly. Un 34% del campione si sbilancia nel ritenerlo addirittura in grado di contribuire al contrasto al calo delle nascite. È del 55% infine la percentuale degli intervistati che lo reputano un’arma importante per attrarre talenti, che -lo si diceva all’inizio- lo chiedono sempre più spesso in fase di colloquio. Nessun dubbio, dunque, che si tratti di un fenomeno decisamente strutturale. E che fenomeno.

Scritto da

Emanuela Pignataro

Laureata in giurisprudenza, giornalista pubblicista, lavoro per tre anni come Responsabile di una filiale di Adecco Italia per poi coordinare, nei tre anni successivi, le vendite di una ventina di filiali dell’hinterland est di Milano e ricoprendo il ruolo di National Key Account per una lista di clienti.Dopo aver lavorato, sempre in Adecco Italia, al lancio di un nuovo servizio di matrice nordeuropea, approdo in Edenred per occuparmi di vendite nell’area “incentive”, con target HR e Direzioni Commerciali e Marketing. Nel 2011 entro il EF Education come Regional Sales Manager, con l’obiettivo di sviluppare gli uffici di Torino, Bologna, Firenze e Napoli e di gestire progetti di Indirect Sales dedicati ai soggiorni linguistici all’estero.Nel 2014 inizio la mia esperienza in Cegos Italia come Business Development Manager della divisione “Open Courses”, di cui divento successivamente Head, occupandomi di vendite, prodotto e di gestione generale. Nel 2021 lancio e coordino il nuovo dipartimento “Innovation & Solutions” dedicato all’ampliamento dell’offering aziendale di soluzioni formative e di altri servizi. Dal 2022 affianco al focus sull’offering aziendale il ruolo di Head of Execution, presidiando la “messa a terra” di tutti i corsi e progetti negoziati con i clienti.
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