Barometer 2022: Transformation, skills and learning

Emanuela PignataroHead of Execution - Head of Business Transformation

7 paesi, 4005 lavoratori, 377 referenti HR. Sono i numeri del Barometer 2022, la celebre survey condotta ogni anno dal Gruppo Cegos per rilevare tendenze e cambiamenti in atto nel mondo del lavoro e della formazione.

Francia, Germania, Italia, Portogallo, Spagna le country europee coinvolte, affiancate da Brasile e Singapore per ottenere una visione realmente global. Ad essere intervistate, persone che abbiano vissuto almeno un momento formativo negli ultimi due anni e che lavorino alle dipendenze di aziende con almeno 50 addetti.

Due le macroaree indagate: “Le principali sfide della Business Transformation e il loro impatto sulle competenze” e “Lo sviluppo delle competenze, oggi e domani”. Ci concentriamo su questa seconda area, in cui ci si chiede se l’offerta formativa disponibile sia percepita come adatta alle sfide di oggi e di domani legate allo sviluppo delle competenze, quali siano le modalità formative effettivamente utilizzate nelle organizzazioni e quali le prospettive di sviluppo.

Lo sviluppo delle competenze, oggi e domani

Alla domanda “percepisci una difficoltà nel matching tra i bisogni delle persone e l’offerta formativa disponibile?” più di un HR su due (il 55%) risponde in senso affermativo, con punte del 67% in Germania e del 75% in Portogallo. L’Italia, al 58%, è in linea con la media dei rispondenti ma è significativo osservare come tale media sia cresciuta di 10 punti in un solo anno, come a dire: le esigenze cambiano in fretta ma l’offerta formativa non è altrettanto veloce.

E i dipendenti interrogati sembrano condividere la linea: alla domanda “la tua organizzazione incontra le tue esigenze di sviluppo delle competenze?” è vero che l’82% risponde di sì, ma tale valore si scompone in un 40% che ottiene risposte “just in time” e un 42% che ottiene sì riposte, ma con settimane se non addirittura mesi di ritardo.  In Italia tale percentuale sale al 44%, seguita da un 46% di Singapore un 50% della Spagna. La Germania non è messa meglio: in un caso su 4 non ottiene addirittura alcuna risposta, a fronte di una media del 18%.

Sia referenti HR che dipendenti dichiarano di avere le idee piuttosto chiare rispetto alle competenze già possedute e da sviluppare (89% per entrambi i segmenti) e in relazione alle soluzioni disponibili per accrescerle (82%-80%) mentre risulta essere chiara più agli HR (85%) che alla generalità dei dipendenti (79%) l’evoluzione del business aziendale. Un livello di condivisione dunque già apprezzabile ma ulteriormente migliorabile, soprattutto in Italia, in cui il valore si assesta al 75% contro un virtuoso Brasile al 91%.

Ma di chi è la responsabilità dello sviluppo delle competenze? HR e dipendenti sono allineati: per il 60% circa di entrambe le categorie l’ownership dev’essere equamente condivisa tra l’azienda e il dipendente. È solo il 16% di entrambi i segmenti a ritenere che la responsabilità ricada totalmente sul dipendente ed è il 20-25% a ritenere che sia invece dell’azienda. È poi interessante osservare come la visione degli HR si sia evoluta nell’arco di un anno: se nel 2021 attribuivano per il 31% responsabilità esclusiva all’azienda, tale percentuale scende al 25%; per contro sale dal 45% al 59% l’idea di una ownership condivisa azienda-dipendente. Sembrano quindi voler accrescere il coinvolgimento del dipendente rispetto alla propria formazione, senza tuttavia lasciarlo da solo.

Anche rispetto a come l’offerta di formazione dovrebbe evolversi per garantire lo sviluppo delle competenze dipendenti e HR si trovano d’accordo: i percorsi di training dovrebbero essere sempre più personalizzati (38% per i dipendenti e addirittura 50% per gli HR) e sempre più variegati (34% e 42%). Tra le altre opzioni è l’idea di interventi formativi più interattivi e più brevi a raccogliere percentuali più alte tra gli HR (40% e 39%).

Focus sui professionisti HR

La survey vede poi porre una serie di quesiti ai soli professionisti HR. Il primo indaga su quali siano le basi su cui si fonda la costruzione dell’offerta formativa, per rilevare come siano assolutamente equivalenti, al 25%, le quattro dimensioni “è una declinazione della strategia aziendale”, “nasce dai feedback relativi ai bisogni individuali”, “è legata alle sfide di ruoli e competenze all’interno dell’organizzazione”, “nasce dai feedback circa le esigenze del business”.

Il secondo quesito si concentra sulle modalità formative effettivamente implementate in azienda a partire dal 2020 e vede -senza alcuna sorpresa- l’online distance learning assestarsi al 60% seguito dalla formazione blended (49%), con punte molto rilevanti in Germania (80% e 75%), un’Italia in linea coi valori globali, una Francia che al 48% colloca la formazione in presenza contro il 41% medio degli altri paesi.

Il terzo quesito affronta il tema degli HR Analytics, di fatto non adottati da un professionista su tre e, quando adottati, utilizzati per migliorare l’esperienza di apprendimento più che per orientare le scelte strategiche. Del resto, gli indicatori di performance ritenuti ancora oggi più significativi -è il quarto quesito a metterlo in evidenza- sono rappresentati dal livello di soddisfazione degli utenti (61%) e dalla misurazione dei risultati dell’apprendimento (55%), con un’Italia che si trova allineata.

La cultura del training rimane dunque ancorata a una visione “consumista” della formazione anziché orientata alla valutazione del suo impatto sul luogo di lavoro. Ed è solo una delle sfide del futuro, in cui sarà anche importante migliorare la visibilità dell’offerta formativa disponibile e lavorare sulla responsabilizzazione dei singoli rispetto allo sviluppo delle proprie competenze.


Se sei interessato alla ricerca Cegos Group e vuoi approfondire i risultati emersi dall'indagine scarica la survey completa: Cegos Observatory Barometer 2022

Scritto da

Emanuela Pignataro

Laureata in giurisprudenza, giornalista pubblicista, lavoro per tre anni come Responsabile di una filiale di Adecco Italia per poi coordinare, nei tre anni successivi, le vendite di una ventina di filiali dell’hinterland est di Milano e ricoprendo il ruolo di National Key Account per una lista di clienti.Dopo aver lavorato, sempre in Adecco Italia, al lancio di un nuovo servizio di matrice nordeuropea, approdo in Edenred per occuparmi di vendite nell’area “incentive”, con target HR e Direzioni Commerciali e Marketing. Nel 2011 entro il EF Education come Regional Sales Manager, con l’obiettivo di sviluppare gli uffici di Torino, Bologna, Firenze e Napoli e di gestire progetti di Indirect Sales dedicati ai soggiorni linguistici all’estero.Nel 2014 inizio la mia esperienza in Cegos Italia come Business Development Manager della divisione “Open Courses”, di cui divento successivamente Head, occupandomi di vendite, prodotto e di gestione generale. Nel 2021 lancio e coordino il nuovo dipartimento “Innovation & Solutions” dedicato all’ampliamento dell’offering aziendale di soluzioni formative e di altri servizi. Dal 2022 affianco al focus sull’offering aziendale il ruolo di Head of Execution, presidiando la “messa a terra” di tutti i corsi e progetti negoziati con i clienti.
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